Il mondo dello spettacolo riaccende le luci nel rispetto delle norme anti-Covid. Dalla musica al teatro tutti, dagli addetti ai lavori al pubblico, avvertono la necessità di ripartire perché la cultura e l’arte bisogna alimentarle se non si vuole che scompaiano dalle nostre vite. Non possiamo infatti tenere chiuso il sipario se vogliamo una scena artistico-culturale vivace e stimolante.
A Messina, per esempio, il Retronouveau per la Festa della musica del 21 giugno ha organizzato una serata in cui i vari musicisti di Messina hanno avuto modo di suonare come solisti e far conoscere la propria musica. Dopo aver ricevuto le varie adesioni l’organizzazione del locale ha strutturato la scaletta che prevedeva, nel rispetto delle misure legislative sul Coronavirus, l’esibizione di ogni singolo musicista per la durata massima di venti minuti circa. C’è stata qualche eccezione, come quando sul palco si è esibito un duetto di synth e percussioni, ma il tutto nel rispetto delle norme sul distanziamento sociale. C’è stata anche la possibilità di utilizzare il camerino adiacente al palco per riscaldare le dita prima della propria esibizione, ma in questo caso si era tenuti a scegliere se scendere subito dal palco affinché il musicista potesse esibirsi o restare in camerino nell’attesa del proprio turno. Quest’ultima fu la scelta che presi quel giorno quando ebbi la possibilità di suonare tre miei brani strumentali di basso subito dopo la performance di un bravo batterista.
Se l’utilizzo della mascherina era obbligatorio per il personale, per artisti e spettatori era richiesto semplicemente agire con responsabilità e buon senso. Magari, come capita quando incontri una vecchia amica o un vecchio amico, si allentano un po’ le remore e ci si lascia andare con l’affetto ma non è che per questo si debba diventare paranoici.
La serata al Retronouveau del mese scorso mi ha fatto pensare al romanzo La ballata di Jonny Valentine di Teddy Wayne che con un linguaggio satirico e contemporaneo, in cui non mancano gli hashtag e i tag che utilizziamo più o meno tutti, descrive la vita di una giovane popstar di nome Jonny Valentine alle prese con la tournée del suo secondo album. L’album non sta vendendo quanto il primo e la madre manager e il suo entourage senza scrupoli cercano di farglielo notare al protagonista, che trova il proprio sfogo alla solitudine dell’artista e all’ansia da prestazione in un videogioco.
Sebbene il protagonista sia ispirato a una popstar come Justin Bieber e allo star system del mondo musicale, tuttavia le domande che lui si pone e i problemi che si trova a vivere sono propri di tutti gli artisti: dalle star affermate ai morti di fame.
Ad esempio una delle domande che si pone Jonny è la seguente:
Perché qui sopra ci sono io e non uno di loro? Rog dice […] perché hanno bisogno di intrattenimento e di evasione almeno quanto hanno bisogno di mangiare e bere[1].
Oppure quando si interroga sul rapporto con le fans:
Mi fa sempre strano quando le ragazze piangono ai concerti. Non è come quando piange Jane, perché è triste, o di tanto in tanto anche perché è felice. È che pensano di amarmi. Ma si può amare davvero solo quando si ricambia. Loro invece amano l’idea di me. E quello si può fare anche con qualcuno che non sa neanche come ti chiami[2].
Una delle frasi più belle del romanzo di Wayne è “la musica è un talento che bisogna coltivare”[3] che riassume lo spirito della Festa della musica del Retronouveau e che ha fatto sentire tutti i presenti una comunità. A tal proposito non si può non menzionare la bella iniziativa della band dei Jester, che con la playlist Spotify Adduma sta playlist ha coinvolto le varie band messinesi dimostrando come a Messina e provincia la musica sia più viva che mai in questo periodo così alieno e spersonalizzante.
Anche il cinema prova a fare del proprio meglio per ripartire dal lockdown. A tal proposito segnalo la stagione estiva del cinema Apollo che in collaborazione con il Museo Regionale di Messina ha organizzato un calendario di film all’aperto, che si è dovuto scontrare con Giove pluvio, ma che con film come L’ufficiale e la spia di Roman Polanski, Joker di Todd Philips, Picciridda di Paolo Licata e tanti altri saprà ritagliarsi il proprio spazio nel panorama culturale messinese.
Sulle orme della Pizia di Delfi riprende le proprie attività il Teatro Greco di Siracusa che ha pianificato un programma alternativo, “Inda 2020 Per voci sole”, in sostituzione delle rappresentazioni classiche a causa dell’emergenza pandemica.
Il programma prevede principalmente monologhi e monodrammi teatrali e musicali. Si inizierà con il dramma musicale L’isola della luce di Nicola Piovani (libretto di Vincenzo Cerami) con la partecipazione della cantante e attrice partenopea Tosca e dell’attore Massimo Popolizio.
Il dramma, che riprende versi di vari poeti tra cui Omero e Byron e riferimenti ad Einstein, tratta di come Hermes ruba la cetra ad Apollo il quale dopo essere riuscito a farsi restituire lo strumento ripristinerà la luce e trasformerà la filosofia in musica e in poesia.
A seguire si prevedono spettacoli come il monodramma Da Medea a Medea con Lunetta Savino, che verrà rappresentato il 17 luglio, in cui verranno ripresi la tragedia di Euripide e i successivi adattamenti come le versioni di Seneca e di Pasolini.
La scelta del dramma di Euripide è quanto mai azzeccata in quanto ci possiamo riconoscere nelle situazioni che abbiamo vissuto o a cui abbiamo assistito durante i mesi del lockdown.
Nell’edizione classica della tragedia tradotta dal grecista Ettore Romagnoli riscontriamo nel passo in cui Medea risponde al re di Corinto Creonte, il quale ha deciso di mandare in esilio la straniera moglie di Giasone affinché possa sposare la figlia di cui l’argonauta si è innamorato, che i saggi esperti nel loro campo scientifico (nel caso del Coronavirus pensiamo ai medici e ai ricercatori) sono malvisti dal popolo quando tentano di trasmettere nuovi concetti e ancor di più lo sono quando dimostrano di avere una conoscenza diversificata:
[…]ché se nuovi esprimi
fini concetti al vulgo, un perditempo,
e non un dotto sembrerai. Se poi
migliore sembrerai di quanti han fama
di saper vario, in uggia ai cittadini
verrai. Tale destino anch'io partecipo.
D'invidia a questi, d'acrimonia a quelli,
la mia scïenza è obbietto; eppure, è piccola
scïenza; e tu paventi adesso, ch'abbia
a patire da me qualche gran male[4].
Altri riferimenti impliciti all’emergenza sanitaria – ma che valgono anche come insegnamenti di vita di cui dobbiamo farne tesoro – vanno rintracciati nell’invito della nutrice a condurre una vita mediocre (nel senso di comune) fondata sulla misura poiché, quando non c’è, la vita umana è segnata dalle sciagure[5] e nell’affermazione di Giasone che dove ci sono leggi e giustizia, come in Grecia, non c’è spazio per l’arbitrio della forza in cui ciascuno si trova alla mercé dei costumi barbari:
[…] Primo, ne l'Ellade
abiti adesso, e non in terra barbara;
e sai giustizia, e l'uso delle leggi,
e non l'arbitrio della forza; e tutti
gli Ellèni sanno che sei dotta, e sei
venuta in fama: se abitato agli ultimi
confini avessi della terra, niuno
fatto di te parola avrebbe[6].
Tra le curiosità va segnalato come Giasone paragoni la moglie Medea al mostro dello Stretto Scilla, la bella ninfa reggina di cui Glauco si era innamorato e che la gelosa maga Circe ha trasformato in un mostro sanguinario, a causa del sortilegio rancoroso che ha provocato la morte della principessa, del re e che si conclude con l’infanticidio dei due figli, vittime di un amore degenerato in odio:
[…] Oh, niuna tanto
osato avrebbe delle donne ellene
da me neglette, che te scelsi a sposa,
te mia nemica, te rovina mia,
leonessa e non donna, e ch'hai natura
selvaggia più della tirrena Scilla[7].
Euripide conclude il suo dramma affermando che nella vita umana accade che gli avvenimenti sembrano conclusi, ma in realtà sono in uno stato di incertezza in cui tutto può succedere e che, alla fine, accade qualcosa in cui si trova la soluzione che permette agli esseri umani di ritornare alla normalità:
Molte cose in Olimpo sollecita
il Croníde; e i Celesti deludono
ben sovente ogni attesa. Molte opere
imperfette restaron, che al termine
parean giunte: parea che niun esito
altre avessero; e un Dio schiuse un tramite[8].
Se per Euripide l’intervento è necessariamente divino, e non avrebbe potuto essere diversamente se non avesse voluto essere condannato a morte per empietà, a mio modo di vedere la soluzione alle problematiche umane – tra cui la pandemia di Coronavirus – non può essere altro che frutto della ricerca scientifica.
Il riferimento alla conclusione della Medea di Euripide non può tuttavia non farci riflettere sull’importanza delle feste religiose per la collettività dei fedeli e per l’identità di un popolo.
A causa dell’impossibilità di gestire l’affluenza e di ottemperare alle misure anti Covid quest’estate assisteremo alla sospensione di feste religiose a fondamento della devozione e dell’identità dei siciliani come ad esempio la festa palermitana di Santa Rosalia (detto anche u festinu) del 14 e 15 luglio e la Vara messinese del 15 agosto.
In particolare vorrei focalizzarmi sulla festa di Santa Rosalia.
La Santuzza dal capo cinto di rose che nel 1624 salvò Palermo dalla peste, subentrando alle sante Cristina, Oliva, Agata e Ninfa come patrona della città, non sarà celebrata con il corteo del Cassaro seguito dalla sfilata del Carro trionfale, che ogni anno hanno un allestimento differente, e neanche dalla processione dell’urna d’argento a cui si accompagna il grido Viva Palermo e Santa Rosalia. In sua vece ci sarà un Festino virtuale, che prevede la trasmissione gratuita da parte di tutte le emittenti televisive richiedenti del lungometraggio Palermo Sospesa-il festino che non c’è di Costanza Quatriglio. I commercianti del Cassero manterranno comunque viva la festività allestendo le vetrine come di consueto, mentre le celebrazioni religiose si svolgeranno sul sagrato della cattedrale: il 14 alle ore 19.00 l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice pronuncerà il discorso alla città, mentre il 15 si terrà la solenne esposizione dell’urna.
Anche a Messina la situazione non sarà tanto diversa. La processione della Vara del 15 agosto sarà sostituita dall’esposizione del carro festivo in Piazza Duomo.
Il riferimento alle due festività religiose siciliane non è casuale. Dacia Maraini nel suo ultimo romanzo epistolare Trio, scritto e ultimato durante il lockdown, mette in evidenza il legame storico e affettivo tra Messina la nobile e Palermo felicissima nella storia d’amicizia tra la messinese Agata e la palermitana Annuzza.
Nel maggio del 1743 a Messina scoppia la peste che di lì a poco si diffonderà in tutta la Sicilia. Agata e Annuzza sono amiche fin dall’infanzia ma sono innamorate dello stesso uomo, Girolamo, che ha sposato Agata, con cui ha avuto una figlia, ma allo stesso tempo è innamorato della palermitana Annuzza. Girolamo sta vivendo una crisi d’amore e di certo la peste non sembra aiutarlo a prendere una decisione. Agata si trasferisce con Girolamo e la figlia a Castanea nella casa della signora Cannavò mentre la nubile Annuzza, temendo che la peste possa colpire la capitale palermitana, si trasferisce con la sorella e la tata nella tenuta di Casteldaccia. Le due amiche però continuano a scriversi lettere nonostante l’epidemia e l’amore per lo stesso uomo e faranno di tutto affinché la loro amicizia resista alle reciproche gelosie d’amore, rimembrando gli anni della gioventù e in particolare le lezioni di cucito di suor Mendola, le letture di capolavori come Il Cid di Corneille o La vita è sogno di Calderon de la Barca e le mangiate da leccarsi i baffi di gremolata (granita) di fragola.
Castanea, 7 luglio 1743
Cara Annuzza, [...] Mi hai fatto ridere con i tuoi ricordi del ricamo, di suor Mendola e della Madonna stupita. [...] Io sono diventata una maestra del ricamo. A Messina andavo, su richiesta, dalle suore del convento di Santa Agata, a insegnare l’arte del cucito. [...] Ti ricordi suor Mendola come correva con quell’ago fra le dita corte e nocchiute? A te veramente piaceva solo leggere e avevi sempre un libro nascosto nella tasca [...] Ecco, non so se l’amicizia sia nata in quella sala da ricamo, sotto la bacchetta di suor Mendola, oppure prima, quando venivo nel tuo giardino e leggevamo insieme il Cid, e tua madre, gentilmente, mi offriva la gremolata di fragole [...]
Un abbraccio da
Agata[9]
L’estate di quest’anno sarà con molta probabilità una stagione sospesa tra sogno e realtà e tra sentimento e dovere, ma il mondo della cultura e dell’arte non si tira indietro e farà di tutto per allietarci.
D’altronde gli stessi Litfiba ce lo ricordano nella canzone Lo spettacolo:
Allora si parte
E notte e si accendono le luci
Rotto il ghiaccio balleremo coi fantasmi
Lo spettacolo deve ancora cominciare
Lo spettacolo deve ancora cominciare[10]
Roberto Cavallaro