“A tu per tu con il Covid - 19.” La storia di Fabrizio, medico messinese a Milano.

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“Andrà tutto bene”. Uno slogan che difficilmente dimenticheremo e che ci ha accompagnato nell’arco di questi mesi di lockdown.

L’intero pianeta stretto nella morsa della pandemia, un’ondata di paura misto a terrore dilagante ed un nome che ci tormentava quotidianamente. Quel Covid – 19 che è entrato prepotentemente nella vita di ognuno di noi, monopolizzando televisioni, giornali, social network. Eppure quei giorni, adesso, sembrano così lontani spazzati via dalla tanto attesa Fase 2. Ed allora, ci si chiede, dove sta la verità? Abbiamo avuto una paura eccessiva prima o stiamo sottovalutando il problema ora?

L’opinione pubblica si sa cambia velocemente direzione, così come le decisioni ed il pensiero politico: tuttavia è bene andare oltre i titoli sensazionalistici e concentrarci su cosa è veramente stato il “fenomeno Covid – 19”. In un momento storico in cui la sanità è al centro dell’attenzione tra proclami, critiche e tanto lavoro silenzioso, l’esperienza diretta di un medico sul campo può diventare mezzo di comprensione e riflessione. A darci una mano in questo percorso c’è Fabrizio David, messinese purosangue classe 1992, un recente passato da studente di medicina presso l’Ateneo peloritano ed un presente da medico a Milano, nel cuore della zona rossa.

"Dopo la laurea nel marzo 2019, ho deciso di trasferirmi a Milano per frequentare un master in medicina estetica. Di pari passo con lo studio, ho iniziato a lavorare come medico prelevatore presso il centro prelievi del San Raffaele". Proprio Milano è diventato il simbolo delle critiche e della facile ironia sulla sanità Lombarda. Tra gaffe, decisioni discutibili e qualche dichiarazione inopportuna, il duro e continuo lavoro sanitario è passato in secondo piano travolto da un’ondata di negatività.

Ma se, ai piani alti, si assisteva a scene poco edificanti, sul campo la lotta alla pandemia è stata totale: "Ci siamo ritrovati ad affrontare un’emergenza senza precedenti con un’infinità di contagi continui. Tutte le forze sanitarie sono state concentrate sul Covid ed abbiamo garantito un servizio continuo seguendo i protocolli sanitari. Io stesso ho proseguito a lavorare in ospedale, dichiarando anche la mia disponibilità alla regione Lombardia per i centri Covid." 

Di fianco all’instancabile lavoro degli operatori sanitari, poi, l’Italia intera ha risposto presente attraverso delle campagne di beneficenza milionarie. Ma se da una parte la mobilitazione nazionale è stata totale, dall’altra si è scatenata una “caccia all’untore” di manzoniana memoria. Un clima di sospetto che ha imbarbarito notevolmente i rapporti umani, in una situazione nella quale far proliferare la supremazia del più forte. "Devo dire che è stata un’esperienza unica, affrontare in prima persona questa pandemia e, allo stesso tempo, resistere da solo per diversi mesi a casa senza la presenza di un supporto emotivo."

Un disagio che ha coinvolto migliaia di persone “bloccate” dal lockdown senza la possibilità di potersi ricongiungere con i propri cari. Un impatto emotivo notevole anche per Fabrizio che, oltre al lavoro, ha dovuto far fronte anche al contagio vero e proprio. "Sono stato male nel mese di febbraio, accusando febbre alta per circa cinque giorni e tosse secca. In quel periodo ancora in Italia non si percepiva il pericolo ed io mi sono rivolto al numero fornito dalla regione. Inizialmente mi hanno consigliato, sbagliando, di recarmi al pronto soccorso cosa che naturalmente non ho fatto; successivamente un medico mi ha fatto delle domande standard e non sono stato sottoposto a tampone."

Erano ancora gli albori di un’emergenza che sarebbe scoppiata poco dopo e che era stata sottovalutata. Dopo le cure a casa, Fabrizio ha ripreso la sua attività lavorativa quotidiana in ospedale. Solo pochi giorni fa, nel mese di maggio, ha potuto scoprire la verità attraverso il test sierologico effettuato sui dipendenti del “San Raffaele”: "Sono risultato positivo insieme ad un mio collega ed ho ripensato ai sintomi avuti a febbraio. Prontamente ho eseguito il tampone che ha dato esito negativo".

Una vicenda che mette in luce questa nuova fase che si può aprire con la somministrazione dei test sierologici. I risultati garantirebbero una mappa dei contagi più precisa e l’azione sanitaria sarebbe più coordinata. Tra la ripresa del lavoro e la scoperta improvvisa del contagio, Fabrizio ci tiene a tracciare una linea della situazione attuale  chiaro che ci sono stati degli errori nelle tempistiche sottovalutando la portata e la contagiosità del virus. Adesso la speranza è che la curva scenda di pari passo con un senso civico maggiore da parte della cittadinanza. L’inizio dei test sierologici nelle varie regioni, supportati dai tamponi, può solo portare degli effetti benefici in una situazione sanitaria in continua evoluzione."


Ernesto Francia