Gli Undici - Pierre Michon

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Gli Undici è un romanzo di Pierre Michon edito da Adelphi che racconta di quando il 15 nevoso dell’anno II rivoluzionario (5 gennaio 1794) un pittore mai esistito di nome François-Élie Corentin, ex allievo di Tiepolo alle dipendenze di David al Comitato delle arti, viene preso con la forza dai sanculotti per essere condotto all’ex convento dei Giacobini al cospetto del pedagogista Léonard Bourdon (segretario dei Giacobini nel 1791), del banchiere Proli e di Jean-Marie Collot d’Herbois, drammaturgo giacobino che per due volte ricoprì la carica di presidente della Convenzione Nazionale (il Parlamento del periodo rivoluzionario).

Corentin riceve una proposta che non può assolutamente rifiutare: raffigurare gli undici membri del Comitato di Salute Pubblica (l’esecutivo fantasma degli anni del Terrore) in una sorta di Ultima Cena laica e repubblicana. L’idea è venuta a Collot in modo da poter sfruttare il quadro a favore o ai danni del presidente Maximilien Robespierre. A favore, nel caso in cui Robespierre riuscisse ad affermare la propria autorità, contro, nel caso in cui dovesse perdere il controllo del Comitato e della Convenzione.

Un’idea geniale che sarebbe potuta venire in mente soltanto a un attore drammaturgo, quale è Collot, capace di sfruttare a proprio vantaggio i sentimenti della platea popolare nella rappresentazione del grande spettacolo politico rivoluzionario. Ovviamente nel quadro Robespierre dovrà dominare su tutti e il pittore potrà ritrarre questi onesti cittadini come meglio crede.Corentin si convincerà e realizzerà il quadro Gli Undici in barba a David e nel massimo segreto così come pattuito con i tre rivoluzionari.

Nel pieno dell’Ottocento lo storico Jules Michelet, autore della monumentale Storia di Francia e della Storia della rivoluzione francese, ammirerà il quadro al Pavillon de Flore, ala estrema del Louvre, e rimarrà colpito dalle fattezze di quegli undici tiranni disposti da sinistra a destra nell’ordine seguente: Jacques Nicolas Billaud-Varenne, Lazare Nicolas Marguerite Carnot, Pierre-Louis Prieur, Claude-Antoine Prieur-Duvernois detto Prieur de la Cȏte d’Or, Georges-Auguste Couthon, Maximilien Robespierre, Jean-Marie Collot d’Herbois, Bertrand Barére de Vieuzac, Robert Lindet, Louis-Antoine de Saint-Just e André Jeanbon Saint-André.

Ciò che più colpisce degli undici membri del comitato è la loro formazione giuridica, letteraria o scientifica. Inoltre avevano quasi tutti un’anima poetica.

Billaud-Varenne sperava di modificare i costumi libertini dell’epoca e renderli virtuosi con le sue commedie; Carnot fu un genio della matematica con i suoi studi sul calcolo infinitesimale e autore del teorema del coseno oltre ad essere un eccellente stratega militare. Sono sue le proposte inserite nella Costituzione del 1793 concernenti il cittadino soldato, la necessità dell’esercito di massa, la guerra totale di movimento e la funzione sociale del lavoro che, a mio modo di vedere, segneranno la sopravvivenza della rivoluzione francese e che condurranno all’ascesa di Napoleone Bonaparte e della sua Grande Armée.

Carnot inoltre è sepolto al Panthéon di Parigi ed era probabilmente il più democratico e repubblicano tra tutti i membri del comitato, poiché credeva nell’importanza di un’educazione popolare accessibile a tutti i cittadini - prova di ciò è senza dubbio il Politecnico di Parigi da lui istituito – e negli anni del Direttorio si oppose con fermezza all’accentramento dei poteri del primo console Napoleone Bonaparte.

Senza dimenticare i successi artistici di Collot d’Herbois, che ancor prima dello scoppio della rivoluzione francese era noto come attore e per le sue opere teatrali, alcune delle quali come Lucia o i genitori imprudenti o Il contadino magistrato conobbero un discreto successo; o ancora di Barére, l’Anacreonte della ghigliottina e dall’incorruttibile Robespierre definito anche come l’equivoco, che fin da giovane si distinse come poeta e studioso tanto da entrare a far parte dell’Accademia delle Scienze di Tolosa e dell’Accademia dei Giochi Floreali, la celebre istituzione letteraria francese avente sede sempre a Tolosa nota per aver premiato alcuni dei più importanti scrittori francesi come Voltaire e Victor Hugo.

Inoltre bisogna ricordare che anche Maximilien Robespierre, Saint-Just e Couthon – i membri del comitato che insieme a Augustin Robespierre, fratello del più celebre Maximilien, e Le Bas (quest’ultimo a dire il vero si suicidò prima di salire sulla ghigliottina) saranno condannati a morte il 10 termidoro (28 luglio) del 1794 - coltivavano ambizioni letterarie di non poco conto.

Maximilien Robespierre scrisse il saggio di filosofia politica Il terrore e la virtù in cui spiegava la necessità del Terrore e le motivazioni alla base della sua prosecuzione. È anche noto come Robespierre si dilettasse a scrivere poesie – ha lasciato traccia di alcuni madrigali a tal proposito - quando di tanto in tanto si prendeva una pausa dagli impegni politici.

Saint-Just è il rivoluzionario che in cuor suo sperava più di tutti di diventare un poeta illustre fin dalla più tenera età – Michon lo definisce un “Rimbaud à la nation” -, che nel 1789 pubblica con scarso successo il poema libertino Organt e l’opera teatrale Arlecchino-Diogene per poi passare alla storia con i saggi di filosofia politica Lo Spirito della rivoluzione e della costituzione francese e l’opera incompiuta Frammenti delle istituzioni repubblicane.

Couthon, invece, nonostante l’infermità che lo aveva colpito all’età di 22 anni, quando una misteriosa malattia lo rese paralitico, aveva una mente vivace e una personalità ardita e pubblicò nel 1791 la commedia L’aristocratico convertito e, una volta divenuto membro del Comitato di salute pubblica, si occupò della corrispondenza generale all’interno del Comitato, che verrà pubblicata postuma nel 1872.

Nel romanzo l’autore definisce tutti questi politici e intellettuali del Comitato di salute pubblica come “scrittori in potenza”, degli écrivaillons (ossia degli scrittori mediocri) che non hanno raggiunto la gloria delle lettere e che dominati dall’ésprit (cioè quel misto di ragione e sensibilità proprio del XVIII secolo francese) hanno compiuto le nefandezze del Terrore che, proprio perché in loro c’è tanto la raffinatezza dell’uomo di cultura quanto l’ebrezza del popolo limosino – a cui Corentin appartiene - immerso nel fango e dedito al vino, alla fine non si possono non assolvere in quanto nostri amici, nostri fratelli, a cui siamo legati dalla Storia.

Lungi da me considerare questi uomini politici degli scrittori mediocri - non faranno sicuramente parte della Pleiade delle lettere come Voltaire e Rousseau –, è indubbio però come alcuni dei loro scritti siano imprescindibili per chi vuole capire gli anni turbolenti e incerti della rivoluzione francese come anche le riflessioni politiche, letterarie e scientifiche scaturite in quel periodo.

Il romanzo di Michon, vincitore del Prix de l’Académie Française 2009, è stato scritto in due periodi differenti.

La prima parte è stata redatta nel 1993 e raffigura l’Ancien Règime partendo da un quadro di Gianbattista Tiepolo padre a cui ha contribuito l’apprendista Corentin e che si caratterizza per l’atmosfera pastorale e l’uso di uno stile vintage a imitazione degli scrittori preromantici come il marchese de Sade, Jean-Jacques Rousseau e Bernardin de Saint-Pierre.

La seconda parte è stata composta invece nell’ottobre 2008, dopo aver scritto il quarto e ultimo capitolo della prima parte e intercettato l’ispirazione per scrivere i restanti quattro capitoli conclusivi. Quest’ultima parte ha tinte più caravaggesche e tardo romantiche – e non fredde e statuarie alla Jacques Louis David come ci potremmo aspettare – in cui scorgiamo un Corentin bambino che scappa dalla bella giovane madre bionda Suzanne, delicata come porcellana, per arrestarsi sull’argine della Loira dove vede il popolo lavoratore in mezzo al fango del letto del fiume per poi arrivare al momento culmine della committenza sotto lo sguardo dello storico Jules Michelet.

Con il suo romanzo Pierre Michon crea la più grande illusione della storia dell’arte – una truffa ben congegnata – facendoci entrare nel cuore della Storia, una Storia che “è terrore allo stato puro” e da cui ne usciamo più consapevoli, maturi e con la voglia di leggere le opere di quei mostri sacri della letteratura settecentesca francese.

Disponibile in italiano dal 2018 per le edizioni Adelphi, Gli Undici di Pierre Michon è il romanzo contemporaneo che più di ogni altro ci permette di cogliere la grandezza e l’importanza che tutt’oggi ricopre la rivoluzione francese a 230 anni di distanza. 


Roberto Cavallaro   

Dedalus Libreria