La bicicletta a Messina non è una novità!

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La Bicicletta a Messina non è una novità!

Il Velocipede a Messina nel primo Novecento, moderno mezzo di locomozione

di Enzo Caruso

 

Parlare a Messina di bici, non è certo semplice come in Germania o nella Pianura Padana. E’ un problema di cultura e non solo di strade pianeggianti. In quei luoghi la pista ciclabile è sacra, inviolabile per qualsiasi mezzo a motore e addirittura per i pedoni. Nessuno osa attraversarla o intralciarla impunemente, pena la possibilità di una multa o di essere travolti da una bicicletta in corsa.

Qui invece la pista ciclabile è “un’entità astratta” in cui la bici sembra essere l’unico elemento estraneo. A Messina sulla pista ciclabile ci stanno le auto e i motorini parcheggiati, ci passeggiano i cani con i loro padroni o la si usa per fare jogging. Il povero ciclista è costretto a suonare, gridare e a volte pregare che gli si conceda di passare, col risultato che per percorrere il tragitto non è raro vedere i ciclisti preferire la carreggiata delle auto, con conseguenti rischi della propria incolumità.

Ma la storia del veicolo a due ruote a Messina, che affonda le sue origine all’ultimo decennio del XIX secolo, ha sempre avuto una vita travagliata. Sul finire dell’800 anche a Messina aveva fatto la sua apparizione il “Velocipede”, veicolo a due o più ruote funzionanti a propulsione, esclusivamente muscolare, per mezzo di pedali o di analoghi dispositivi, antenato della moderna bicicletta.

Il primo velocipede, costruito nel 1855 dal fabbro parigino Ernest Michaux, venne portato in Italia, ad Alessandria, dall'industriale della birra Carlo Michel, di ritorno dall'Esposizione Internazionale di Parigi del 1867. Con tale mezzo, l'imprenditore percorse le vie della città tra gli sguardi stupefatti dei concittadini.

In breve, il velocipede non fu più di esclusivo uso degli sportivi; la sua grande diffusione nei primi anni del ‘900 portò addirittura il Senatore Girolamo Boccardo a dichiarare che la bicicletta sarebbe potuta diventare in breve (udite, udite!) un’agguerrita concorrente del treno; con dati statistici, dimostrò che per brevi distanze, la gente preferiva avvalersi del mezzo a due ruote, perchè più economica e non soggetta agli orari ferroviari e al costo del biglietti.

La rapida diffusione del nuovo mezzo di trasporto anche nella città di Messina condusse alla necessaria conseguenza, da parte dell’Amministrazione Comunale, di disciplinare il traffico su due ruote per rispondere alle proteste di molti cittadini, disturbati dai possibili incidenti che le biciclette, sormontate da certi inesperti “velocipedastri”, potevano provocare. A differenza dei “ciclisti” sportivi, tesserati nel “Veloce Club Zancla”, sorto a Messina nel 1896 e presieduto da Luigi Fulci, molti “sprovveduti” circolavano infatti liberamente per le strade, occupando la carreggiata in modo indiscriminato a destra e a sinistra, con conseguente intralcio al transito delle carrozze e costante pericolo per i pedoni.

In verità, di una pista ciclabile di esclusivo uso degli sportivi, denominata “pista Zancla”, si documenta nelle cronache della Gazzetta del 1899; su essa venivano organizzate e svolte gare in cui erano impegnati anche altri club come “Carrozza e Palumbo”, il “Circolo Sport di Ciclisti”, il “Club Ciclista Italiano”.

Al fine quindi di disciplinare l’uso dei velocipedi e di scongiurare possibili incidenti, si rese quindi necessario per la Giunta di sottoporre l’uso del veicolo a due ruote alla concessione di una licenza, all’identificazione tramite apposita targhetta rilasciata dal Comune e ad impedire il transito in certe ore di punta e in certe vie.

L’uso dei velocipedi fu quindi subordinato al Regolamento di seguito riportato, che prevedeva le seguenti condizioni:

  • Ogni possessore dovrà essere munito di licenza municipale, rinnovabile ogni anno, contenente le generalità, l’età e il domicilio del titolare della licenza; ne saranno esenti i velocipedisti militari e gli impiegati pubblici muniti di distintivo;

  • I velocipedi dovranno essere muniti di freno, di un apparecchio avvisatore (campanello, fischio, tromba…) e, di sera, di una lanterna accesa;

  • Ogni velocipede sarà identificato da un numero impresso su una targhetta, rilasciata da dietro pagamento dall’Ufficio Municipale; tale numero sarà riportato anche sul cristallo anteriore della lanterna;

  • La licenza, da esibirsi su rischiesta dell’Autorità Municipale, potrà essere in qualunque momento ritirata in seguito a riconosciuta inabilità alla conduzione del veicolo;

  • Nel percorrere le vie, dovranno tenere la sinistra e negli incroci e nelle curve dovranno rallentare l’andatura ordinaria. Il sorpasso di un altro veicolo è consentito a sinistra;

  • I velocipedi dovranno essere fermati ogni qualvolta una cavallo manifesti nervosismo e/o tenda ad imbizzarrirsi;

  • È vietato l’uso di tali veicoli in strade di larghezza inferiore a 8 metri, nei giardini pubblici, sui binari del tramway a vapore e sui viali riservati ai pedoni;

  • L’uso dei velocipedì è altresì vietato dalle ore 13 alle ore 23 sul Corso Garibaldi, dalla Scesa di S. Giacomo a Piazza Ottagona e, nelle stesse ore, da maggio ad ottobre, è anche vietato percorrere il Corso Vittorio Emanuele e il Viale Principe Amedeo;

  • I velocipedisti sono tenuti a smontare dal veicolo nelle vie e nelle piazze ove, per concorso di persone, la circolazione sia difficile;

  • E’ vietato loro di attraversare o interrompere cortei, processioni o file di truppa;

  • Durante i concerti è anche vietato l’uso dei velocipedi nella Piazza del Duomo e in quella del Municipio, nonché in quei luoghi con grande affluenza di persone e ove sia in corso il rifacimento del pavimento stradale;

  • È vietato infine per i conduttori lasciare i velocipedi poggiati ai lampioni, ai muri, ai marciapiedi o distesi per terra.