Sulle orme di San Nicandro

Contattaci
Chi siamo
Richiedila Ora

Sulle Orme di San Nicandro: i luoghi che videro la presenza, a Messina, di questo Santo eremita, vissuto nell’800.

San Licandro o San Nicandro? Questo è il problema!

La stragrande maggioranza dei messinesi chiama l’antico Casale a nord di Messina, oggi uno dei più densamente urbanizzati, San Licandro (ma anche negli atti di enti ed istituzioni pubbliche, oltre che nella toponomastica ufficiale e nelle cartografie, appare con questa errata denominazione).

Una brutta e volgare storpiatura dialettale dell’originario nome, San Nicandro appunto, che occorrerebbe una volta per tutte e per sempre finalmente correggere.

L’Abate e anacoreta Nicandro visse a Messina, nel sec. VIII-IX, in una grotta-eremo che, successivamente, fu trasformata in tempietto. L’Eremo fu fondato tra il 790 e l’800 dall’Abate Nicandro e da un primo nucleo di discepoli, Demetrio, Gregorio, Pietro, Elisabetta. Nel 1611 si rinvennero, al suo interno, cinque scheletri ritenuti di San Nicandro e compagni e traslati nel Monastero del SS. Salvatore dei Greci alla foce del torrente Annunziata (nel sito dove oggi sorge il Museo Regionale).

Probabilmente i fondatori del primitivo Eremo e della successiva Abbazia, furono martirizzati e morirono, tutti e cinque, il 19 settembre dell’anno 800. Così, infatti, è riportato nell’autorevole libro di Pietro Pompilio Rodotà dal titolo “Dell’origine, progresso e stato presente del Rito Greco in Italia” nella parte che tratta dei “Monaci greci nel catalogo de’Santi, che illustrarono la Sicilia”, stampato a Roma nel 1760.

Ma anche lo storico messinese Giuseppe Buonfiglio, oltre centocinquant’anni prima, nella sua “Messina Città Nobilissima” stampata a Venezia nel 1606, aveva precisato riportando il corretto nome di San Nicandro: “Vedesi in oltre ritornando verso Messina nel villaggio nominato dal titolo dell’Abbadia di San Nicandro posta in cima d’una collina…della regola di San Basilio di Greci […]”. Lo stesso farà il gesuita Placido Samperi che nella sua “Iconologia della gloriosa Vergine Maria…” stampata a Messina nel 1644 scriverà: “E verso la parte settentrionale v’è hoggi l’Abbadia, e villagio non lungi della Città, nomato di S. Nicandro.”.

Il santo Nicandro (dal greco “uomo che vince”) ha avuto in passato sia a Messina che a Fiumedinisi, dove esistono ancora oggi i ruderi di un suo monastero, un culto particolare e veniva festeggiato (oggi non più) il 19 settembre, giorno e mese della sua morte.

L’esperienza della vita ascetica era raccomandata dai grandi Padri della Chiesa e lo stesso San Basilio (329-379), estensore delle regole cui si ispirarono i monaci suoi seguaci e perciò, detti, basiliani, condusse vita anacoretica e contemplativa in perfetta solitudine.

Oggi, percorrendo in salita la strada che conduce a San Nicandro Alto, si nota sulla destra una costruzione abitativa che incorpora l’antico eremitaggio, passato in proprietà privata a seguito della legge di soppressione degli Ordini Religiosi, del 1866, con la quale lo Stato confiscò i beni ecclesiastici per venderli, appunto, ai privati.

Dell’antica struttura religiosa, raggiungibile tramite un suggestivo e antico sentiero lastricato in pietra, sopravvive la cupola del tardo Cinquecento che sovrasta e protegge la grotta di Nicandro, a testimoniare la oltre millenaria devozione che i messinesi ebbero per questo loro Santo.


Nino Principato