La Chiesa di S.Gregorio a Messina

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La Messina popolana, chiassosa, ridanciana, misera era, prima del sisma del 1908, disseminata lungo la strada dei “Monasteri” (oggi “24 Maggio”). Stretta e tortuosa, vi erano concentrati chiese, conventi e monasteri che splendidi si ergevano quasi senza soluzione di continuità dalla sponda sinistra del torrente Portalegni (oggi via “T. Cannizzaro”) a quella destra del torrente Boccetta. Qui, non eleganti negozi, gioiellerie, dolcerie, calzolerie, sale per toeletta, cartolerie, bar, ristoranti, chincaglierie, alberghi, librerie, magazzini di confezioni e mode come nell’aristocratica strada Garibaldi o il Corso Cavour, ma, vicoletti e “chiassuoli” formicolanti di basse casette percorsi da venditori ambulanti che si trascinano stancamente “’bbaniannu,” con voce lamentosa e intrisa di araba nenia, le loro povere mercanzie, fedeli all’antico principio commerciale messinese che “a robba ‘bbanniata è menza vinnuta.”.

In alto, in posizione dominante, la splendida chiesa di San Gregorio consacrata solennemente il 7 marzo 1688 dall’arcivescovo Francisco Alvarez de Quiñones col monastero annesso. Era stata edificata nel 1588 su disegno di Andrea Calamech, a pianta di croce greca allungata e cupola sovrastante il transetto e poi riedificata la facciata nel 1743 a spese di suor Saveria Ruffo-Colonna che vi fece collocare lo stemma di famiglia sul finestrone sopra la porta d’ingresso.

Nel corso del ‘600 le pareti furono adornate da splendide ed elaborate tarsie marmoree policrome e nel 1703 Filippo Juvarra progettò le finestre e la parte alta dell’altare maggiore nel presbiterio realizzando, nel 1705, un sistema di coretti simmetrici e un coro sopraelevato all’ingresso. Il campanile dalla caratteristica forma spiraliforme, invece, fu realizzato nel 1717 su disegno di Paolo Filocamo, concluso in alto dalla tiara e dalle chiavi pontificie. L’interno era un tripudio di affreschi di Antonio e Paolo Filocamo del 1716.

Era una delle più belle chiese di Messina: danneggiata dal terremoto del 1908 ma non in maniera irreparabile, ne venne decretata, purtroppo, la demolizione. La facciata, recuperata, giace smembrata e inutilizzata nella spianata del Museo Regionale lato viale Annunziata.

Agli inizi del 2000, quando il dott. Silvano Arbuse era assessore comunale ai Lavori Pubblici, insieme al sottoscritto e al compianto storico Giovanni Molonia maturò l’idea di ricostruire la facciata della chiesa nello stesso sito dove sorgeva. L’anno prima lo stesso Arbuse e il gruppo di An al Comune avevano inserito un emendamento al piano triennale delle opere pubbliche in tal senso, con una spesa prevista di 3 miliardi di euro. Si diede mano al progetto, poi cambiò l’amministrazione e di tale ricostruzione non se ne parlò più.

Eppure, sarebbe stata una lodevole iniziativa di recupero di un importante brandello della storia di Messina. Oltretutto il sito dove ricostruirla era lo stesso di quello originario e avrebbe anche ridato decoro alla centralissima zona, oggi in via “dei Templari” a monte della “24 Maggio”, con l’abbattimento delle abitazioni baraccate.

Non è mai troppo tardi, volere e potere.

Quando Johan Wolfgang Goethe nella tarda sera di giovedì 10 maggio 1787 giunse a Messina, affacciato nei giorni successivi nella terrazza di San Gregorio col prospetto della chiesa alle sue spalle, contemplando ammirato il panorama con l’azzurro mare dello Stretto sul piazzale della chiesa di San Gregorio, compose i bellissimi versi della canzone di Mignon: “Conosci tu il paese, dove fioriscono i limoni, e in mezzo al cupo fogliame fiammeggiano gli aranci d’oro; dove lieve un zeffiro spira dal cielo azzurro, ed il mirto sta silenzioso, ed alto si leva l’alloro?”.


Nino Principato