“Come i rami di un albero”. Davide Bertuccio fotografa la vita degli italiani in quarantena.

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Marzo 2020. Un mese che ha segnato la storia recente del nostro paese. L’Italia si ferma, stretta nella morsa di un nemico invisibile chiamato Covid-19. L’emergenza Coronavirus cambia completamente la vita di ognuno di noi e lo scorrere del tempo quotidiano da frenetico muta in lento ed inesorabile. Questo contesto così difficile fa da cornice al progetto fotografico “Come i rami di un albero”. 100 scatti, 100 italiani, un’unica piattaforma: Skype. Proprio attraverso questo mezzo di comunicazione online, il fotoreporter messinese Davide Bertuccio ha voluto dare testimonianza della quotidianità italiana al tempo del Covid-19. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare la sua esperienza.

Come è stato vivere in piena zona rossa per te che abiti a Milano?

“Molto strano. Fin da subito si è capita la gravità della situazione. Mi ricordo che i primi giorni a Milano si avvertiva, per le strade, una sensazione di paura anche solo nel respirare. Non sono stati momenti facili da superare.”

Da dove nasce l’idea di questo nuovo progetto?

“L’idea nasce ad inizio quarantena durante una delle tante videochiamate con gli amici. Per scherzo un’amica mi ha chiesto di fotografarci tutti online su Skype. Da lì ho iniziato a ragionarci nei giorni successivi, pensando al potere della fotografia nel raccontare storie anche da casa. Per me è stato davvero inusuale perché sono abituato a viaggiare, incontrare le persone, intervistarle e poi fotografarle.”

“Come i rami di un albero”, perché hai scelto questo nome?

“Il titolo è nato quasi naturalmente. Io ho vissuto chiuso in casa da solo ed ho sentito la mancanza del verde, degli odori e dei suoni della natura. Da qui ho immaginato me stesso come il tronco di un albero e poi i rami rappresentano tutte le storie racchiuse nelle cento fotografie. Il tutto fatto dalla mia cucina attraverso gli screen delle conversazioni online su Skype.”

Come affronta la vita un fotografo chiuso in casa?

“Davvero pesante dover rimanere confinato e sentirsi privato della propria libertà sia fisica che artistica. Poi per me che sono un animale sociale è stato davvero difficile affrontare questi mesi da solo. Mi è mancato il contatto umano, vivere le persone giornalmente. Le sole videochiamate online non bastavano assolutamente.”

Cosa ti ha colpito della vita degli italiani in quarantena?

“La resilienza degli italiani, quella forza di andare avanti ogni giorno. La cosa più bella è stata la partecipazione di tutti a questo progetto con entusiasmo. Non è stato difficile trovare cento persone e, tra queste, c’erano anche diversi sportivi come Sergio Scariolo vice allenatore dei Toronto Raptors in NBA. Tutti accomunati dal dover rimanere chiusi in casa, ma li ho trovati tutti propositivi nel voler andare avanti ed uscire dall’emergenza. Abbiamo tutti remato nella stessa direzione e questo, per me, significa essere una nazione unita.”

Si è parlato molto di smart working, credi che il mondo cambierà dopo questa emergenza?

“Considero utopistica l’idea che il mondo cambi specialmente dal punto di vista umano. Per quanto riguarda lo smart working è stato un bene per molte aziende ma anche per molti lavoratori. Lo considero un cambiamento positivo nel breve periodo poi, alla lunga, si ritornerà alla normalità di un tempo.”

Quali sono i tuoi progetti futuri?

“Al momento ne ho alcuni ma sono ancora in fase embrionale. Nell’immediato devo completare un lavoro che avevo iniziato prima della quarantena. Racconterò la vita di un personaggio che è stato presentatore Rai e che si è saputo reinventare tante volte nel corso del tempo. Una storia che si basa sulla voglia di non mollare mai. Durante la quarantena ho realizzato anche un altro lavoro su un matrimonio ai tempi del Coronavirus.”

Hai in cantiere nuovi lavori su Messina quando ritornerai in riva allo Stretto?

“Ancora non so quando tornerò a casa sia per motivi lavorativi sia per il consueto boom dei prezzi. Adesso mi dedicherò a ripartire a pieno regime con il lavoro e spero di poter passare, come ogni anno, una parte della mia estate a Messina. L’anno scorso ho realizzato un lavoro sulla presenza delle microplastiche nelle acque dello Stretto; sicuramente, nel bene o nel male, racconterò qualche altra storia della mia città.”

Ernesto Francia