Da scelta irresponsabile ad unica cura sociale: quando il calcio incontra il Covid

Contattaci
Chi siamo
Richiedila Ora

“The show must go on” cantavano i Queen. Era il 1991 ed il singolo sarebbe diventato, in breve tempo, l’ennesimo successo mondiale per lo straordinario gruppo britannico. Oggi, a quasi trent’anni di distanza, il titolo è entrato di diritto anche nel linguaggio comune italiano.

Uno slogan simbolico che ha assunto i connotati di un vero e proprio invito ad andare avanti: in qualsiasi situazione, qualunque cosa accada. Ma cosa c’entrano i Queen in questo atipico mese di giugno 2020? Apparentemente niente o, forse, tutto per coloro che hanno consumato Spotify con le loro canzoni durante il lockdown. Ci perdonerà, quindi, Freddie Mercury se anche noi prendiamo in prestito il titolo della canzone per parlare di un argomento assolutamente centrale durante questi mesi.

Oggi tratteremo di sport e, per essere più specifici, di calcio. Attenzione, però, il nostro occhio non sarà puntato su un prato verde o su un pallone che rotola. Quando siamo prossimi, infatti, alla ripresa del calcio nel nostro paese è assolutamente necessaria un’analisi di ciò che è successo in questi mesi. Non ci dilungheremo in trattazioni economiche, mediche o sanitarie, ma partiremo da un concetto basilare: il calcio è una delle colonne portanti della società ed economia italiana. Che non sia solo un semplice sport, è ormai assodato. Il tifo, la passione e l’amore per il pallone trascina milioni di persone, tuttavia deve essere ben chiaro anche il contributo economico che questo sport produce.

Prima di addentrarci nell’argomento, però, chiariamo subito che le polemiche sullo stipendio di Cristiano Ronaldo o sui canoni mensili delle tv satellitari fanno parte dei discorsi da bar che poco ci interessano. Piuttosto è importante sottolineare come, al pari di tutti gli ambiti lavorativi, l’emergenza Coronavirus abbia messo in ginocchio un numero rilevante di famiglie che vivono con il calcio. Il volume economico d’affari della Serie A non deve offuscare la vista sulle categorie minori dove, chiaramente, non esistono stipendi milionari. Per tale motivo, il calcio va considerato al pari degli altri ambiti lavorativi senza la consueta superficialità che, molte volte, offusca la vista. Fatta questa precisazione necessaria, quale è stato il rapporto tra calcio e Covid in questi mesi? La risposta è abbastanza chiara e netta: conflittuale con picchi d’amore e strascichi d’odio.

Durante il periodo più difficile dell’emergenza, infatti, il mondo del pallone era stato additato come causa di migliaia di contagi. Come un novello “untore” di manzoniana memoria, gli interessi economici del calcio erano stati considerati causa del diffondersi del virus. In particolare ci riferiamo alle partite Valencia – Atalanta e Liverpool – Atletico Madrid, considerate dall’opinione pubblica delle vere e proprie “bombe batteriologiche”. Da qui le accuse, l’indignazione e la voglia di bannare il termine “calcio” da qualsiasi discorso. Col passare delle settimane, però, il punto di vista è notevolmente cambiato. Il mondo del calcio, nella gran parte dei paesi europei, ha contribuito in maniera decisa alla lotta contro il Covid – 19 ponendosi sempre in prima linea.

Lo hanno fatto le leghe, lo hanno fatto le società fino ai singoli calciatori. E così, mentre la linea dei contagi calava vistosamente, il calcio da nemico pubblico tornava ad essere un bene necessario. I sentimenti di odio si sono trasformati, gradualmente, in nostalgia per quello sport così amato. In principio fu la Germania, seguita da Portogallo, Spagna, Inghilterra ed Italia: l’Europa rivuole il calcio e si è messa in moto per farlo ripartire. Il tutto mentre la Francia si mangia le mani per aver dichiarato i campionati ufficialmente chiusi con largo anticipo. Se prima, quindi, il solo parlare di calcio era considerato blasfemo, adesso è argomento principale. Da “scelta irresponsabile” si è passati a “cura sociale”, un sollievo psicologico per tutta la popolazione dopo le difficoltà degli ultimi mesi. Chiaramente gli interessi economici hanno avuto un peso rilevante in vista della ripresa, tuttavia la sfera sentimentale ha innescato quella molla decisiva. In questo contesto così articolato e complesso, ci siamo noi semplici cittadini e grandi amanti di questo sport. Il futuro prossimo ci mette paura e sono tanti i dubbi e gli interrogativi.

Noi, però, abbiamo l’obbligo di ripartire: il percorso sarà lungo e tortuoso, ma un goal potrebbe anche darci ulteriore spinta.


Ernesto Francia