La famiglia Aubrey

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La famiglia Aubrey di Rebecca West è un romanzo di formazione e una saga famigliare, primo volume di una trilogia che nei prossimi mesi verrà pubblicata dalla Fazi, ambientato in un piccolo villaggio di Londra di fine Ottocento.

La voce narrante è quella di Rose Aubrey, una bambina prodigio della musica, che insieme alla sorella Mary spera di diventare una pianista di successo e rendere orgogliosa la madre Clare, una concertista di successo in gioventù che alla morte del fratello ha deciso di mettere su famiglia e porre fine alla promettente carriera musicale. Di quel periodo sono rimasti soltanto alcuni memorabilia dei concerti più importanti, ma Clare spera che dei suoi quattro figli almeno Rose e Mary possano avere il successo a cui le dovette rinunciare. Sugli altri due – la figlia maggiore Cordelia e il minore e unico figlio maschio Richard Quin – non c’è molto da sperare. Cordelia si ostina a coltivare la passione per il violino senza avere alcun talento. La sua vanità e la devozione incondizionata della signorina Beever, la sua insegnante di violino, la portano – con l’assenso accomodante della madre che non riesce a opporsi al sogno della figlia - a esibirsi nei vari salotti cittadini per portare qualche soldo in più alla famiglia, che naviga in cattive acque a causa della dipendenza dal gioco in borsa del padre Piers.

Piers Aubrey è direttore di un quotidiano di provincia, il Lovegrove Gazzette, e apprezzato scrittore di pamphlet. A differenza della moglie Clare, nata e cresciuta in Scozia, Piers è nato in Irlanda e come giornalista ha vagato per il mondo in lungo e in largo. Se la moglie ha un talento e una cultura musicale fuori dal comune, Piers è un fervido lettore e si tiene costantemente aggiornato sulle ultime correnti culturali. Nel figlio Richard Quin, a cui ha dato il nome del fratello prematuramente scomparso, riserva tutte le sue speranze nel futuro. Tuttavia l’unico figlio maschio della famiglia si dedica a diverse attività ma, se si esclude la passione per la matematica, sembra non voler eccellere in nessuna disciplina in particolare. Al flauto non dedica lo stesso impegno che le sorelle rivolgono al piano o al violino e certamente, con gran disappunto della madre, Richard Quin non diventerà un musicista. Un ruolo importante all’interno del romanzo è svolto anche dalla cugina Rosamund che, pur non avendo alcun talento in particolare, si rivelerà insieme alla madre una presenza fondamentale nei momenti più difficili per la famiglia Aubrey.

Il romanzo di Rebecca West è senza dubbio uno dei vertici della letteratura di tutti i tempi. Per una volta sono d’accordo con Alessandro Baricco, che nella fascetta definisce il romanzo come un “capolavoro del Novecento”. La descrizione dei personaggi, degli ambienti, delle vicende e del contesto storico e sociale è assolutamente encomiabile. Inoltre alla trama principale si intersecano delle trame secondarie, come ad esempio l’omicidio di un genitore di una delle compagnette di classe di Rose e Mary, che arricchiscono il romanzo e non gli fanno perdere intensità. Ciò che colpisce di più in questo romanzo è che proprio in una famiglia che tenta di vivere dignitosamente con poco senza fare mancare nulla ai figli, la capacità di dare amore e il senso del decoro è più forte rispetto alle famiglie più ambienti dove prevalgono l’ostentazione e la falsità. Inoltre è impossibile non affezionarsi ai riti quotidiani di questa famiglia, come ad esempio i momenti in cui sono impegnati a sorseggiare o a offrire il tè inglese ad ogni ora del giorno o a mangiare le castagne mentre i bambini si asciugano i capelli davanti al fuoco.

Il romanzo di Rebecca West si contraddistingue per la sua capacità di essere vero autentico. Le descrizioni delle dinamiche famigliari sono effettivamente quelle che noi stessi possiamo constatare nella vita reale e la scrittrice riesce a mostrare al lettore lo spirito di un’epoca, che lei ha vissuto con tutta la sua intensità. Come se non bastasse la West riesce a comprendere la natura umana nella sua complessità, alla pari di Hannah Arendt. La frase “le relazioni umane sono essenzialmente imperfette”, che si riferisce all’affermazione della voce narrante dell’impossibilità di conoscere la natura e il vissuto degli esseri umani, in particolare della giovinezza del padre Piers in questo caso, è di una verità disarmante e quando l’ho letta non ho potuto fare a meno di segnarmela in un post-it nel timore di scordarmela. La famiglia Aubrey è in conclusione un romanzo assolutamente da leggere.           .

Roberto Cavallaro