Paolo Piccione - Vita mortale

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Siamo forse in sala operatoria o in una sala per le autopsie. L’artista non spiega, presenta una visiona surreale ed inquietante di grande effetto. Una giovane donna distesa su un tavolo che non vediamo, un chirurgo su cui si poggia un rettile, un’ombra dietro di lui. Più che un chirurgo potrebbe trattarsi di un assassino, non lo sappiamo. Il suo occhio inquietante spinge ancora di più contro di noi uno una potente sensazione di malessere. Esiste anche una medicina mortifera piuttosto che salvifica, popolata di animali a sangue freddo con gli occhi accesi e minacciosi che guardano altrove che non ci fanno sentire la vita? Il potere della medicina è pur sempre una forma di potere. Per questo può essere usato per il bene e per il male. Forse lo sguardo alzato del chirurgo, insieme all’indice, è una forma di interrogazione muta alle divinità e al giudizio?

Un tempo i medici erano anche sacerdoti, sciamanesimo e medicina tradizionale sono pratiche perfettamente sovrapponibili in molte culture. Il mondo della natura è un sistema di regole razionali o un iniziatico sistema di segreti? In realtà, nella pittura antica la lucertola e il ramarro erano i simboli del risveglio degli uomini e delle donne dall’intorpidimento del vizio e dall’ossessioni amorose. L’artista ci lascia in un piacevole enigmatica sospensione intorno al senso della sua immagine.

Il quadro ha certi modi espressivi ed alcuni elementi della composizione che possono essere fatti risalire a Francis Bacon, qui però non ci sono i contrasti violenti del pittore irlandese. Una gamma cromatica che va dal grigio al nero costituisce il tono scuro su cui emerge l’epidermide rosa della ragazza che con le sue labbra minute e rosse risponde simbolicamente all’incubo affascinante di cui è stata vittima.

Mosè Previti