A Messina la mostra "Genesi" di Giuseppe Pizzardi

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Venerdì 4 maggio, alle ore 18:00, presso le sale espositive dell’Università Telematica Pegaso a Messina, è stata inaugurata la mostra “Genesi” di Giuseppe Pizzardi, curata dalla professoressa Mariateresa Zagone, in mostra fino al 13 Maggio.

"La natura di Dio è un cerchio il cui centro è ovunque e la cui circonferenza non è da nessuna parte” (Empedocle da Agrigento)

Genesi è l’origine del tutto, dalla radice greca γεν di γιγνομαι = nascere; è il primo libro della Torah del Tanakh ebraico e della Bibbia cristiana...”In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque”. Genesi è anche, nel linguaggio estetico, il processo che sta alla base della creazione di un’opera d’arte che, nel caso di Giuseppe Pizzardi, è un percorso ragionato, un modo di comprendere l’Universo attraverso la sua rappresentazione noumenica nel microcosmo della tela, una forma di conoscenza della realtà che avviene tramite la misura dello spazio.

Le opere di questa mostra “ascetica” sono schemi bidimensionali sui quali il segno si riappropria della sua ancestrale valenza di simbolo in una dimensione meditativa, sono eventi visivi in cui l’artista getta via la sua mano per dipingere con la mente in un faticoso processo di scarnificazione che rinuncia all’abilità imitativa e in cui il perimetro grafico o cromatico fa della pittura un luogo riflessivo, di ricerca dell’assoluto. La superficie delle tele è quieta, vi si può leggere la memoria filtrata di esperienze visive che vanno da Bisanzio a Rothko, dal gesto assoluto di Fontana agli Achromes di Manzoni; la materia con la quale sono realizzate (una sovrapposizione di smalti, acrilici, colle) è percettiva, quasi una sedimentazione priva di peso cui è affidato l’arduo compito di trasformare l’invisibile in visibile. La determinata, quasi spietata eliminazione dell’aspetto decorativo o semplicemente attraente passa anche attraverso il colore sublimato dalla rarefazione dei bianchi, dei tortora e dei rosa che man mano emergono dal profondo come in un procedimento psichico, così come dalla luce dell’oro in un confronto dialettico con l’assoluto di cui, da sempre, è simbolo.

La calibrata progettazione di queste tele ce le fa percepire come sature di silenzio, Pizzardi infatti non agisce in maniera empirica o istintiva e pone lo spettatore sulla soglia di un infinito che non può che trovare epifania nel simbolo, spia di una caparbia ierofania di quello stato di grazia arcaico in cui l’uomo sentiva la sua appartenenza cosmica al vivente. L’uovo, la croce, la freccia che indica lo struggente percorso a ritroso del molteplice all’Uno, come pure le cifre o le lettere si accampano su queste cartografie di reminiscenze lontane caricandosi del valore di archetipi ampliando così la dimensione dell’inconscio individuale. Di certo Genesi non è una mostra facile per chi cerca banali virtuosismi tecnici, ci presenta paesaggi trascendenti davanti ai quali è necessario un silenzio contemplativo, come se stessimo guardando un tramonto o una notte di luna. Alcune tele sono state pensate come trittici e, come trinità aconfessionali, hanno la valenza di presenze remote che possiamo solo intuire e mai cogliere pienamente, luminosi vuoti che ci portano oltre la ragione del sublime. I pochi colori, le geometrie essenziali, il gesto calibrato e il senso meditativo di sospensione del tempo con i quali Pizzardi cerca di circoscrivere l’incorporeo nel corporeo sono le chiavi di lettura di questa personale aniconica dall’impronta esicastica.

Mariateresa Zagone