A Palermo la mostra "Io Sono Cammarata Giovanni l’artista di Maregrosso"

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Per il progetto “Dintorni – Luoghi Circostante per l’arte 2019” inaugura venerdì 11 alle ore 18.00, presso i Magazzini di Via Alloro 129 a Palermo, la mostra “Io Cammarata Giovanni l’artista di Maregrosso” a cura di Mosè Previti e Pier Paolo Zampieri.

La mostra “Io sono Cammarata Giovanni l’artista di Maregrosso” vuole divulgare la figura di questo artista irregolare quale precursore di tutte le iniziative che trovano nell’arte e nella cultura l’elemento rigenerativo degli spazi e delle comunità.  Si tratta di testimonianze di una parte della produzione delle sculture in gesso e cemento dipinte a mano e pensate dall’artista, come tutte le sue opere, per gli ambienti esterni alla sua casa di Maregrosso a Messina.

L’arte di Giovanni Cammarata è stata a lungo considerata l’opera di un esaltato, un naif da relegare nelle pagine delle “curiosità”. Tuttavia, Cammarata è importante per almeno tre ragioni: 1) egli progetta e realizza in solitaria un’operazione di riqualificazione e risemantizzazione dello spazio urbano antesignana della moderna “resilienza”; 2) è artista del cemento, materiale della modernità ed elemento fondativo della meno siciliana della città di Sicilia; 3)  trasforma la sua baracca in un museo, ribaltando quel paradigma abitativo che ancora oggi vede Messina come l’unica città d’Europa dove più di settemila persone vivono in baracca.

Biografia Giovanni Cammarata

Giovanni Cammarata è nato a Messina il 29 giugno del 1914, nel quartiere della Palmara, vicino al Cimitero. Da bambino frequenta e le botteghe degli artisti che lavoravano alle cappelle monumentali e ai sepolcri del Gran Camposanto. Impara il mestiere di cementiere nei numerosi cantieri della ricostruzione successiva al terremoto del 1908. La città interamente distrutta, fu rifondata secondo i criteri urbanistici antisismici più moderni  e con l’uso sistematico del cemento armato. La nuova Messina doveva ricordare i fasti del passato, grazie ad un repertorio architettonico e decorativo che attingeva a piene mani  alla tradizione artistica italiana ed europea. Questo eclettismo permise a Cammarata  di scoprire quel multiforme dizionario figurativo di colonne, lesene, paraste, putti, archi, cornici, teste zoomorfe e antropomorfe che più tardi tornerà in nuove forme nel suo lavoro. 

Negli anni ’30 Cammarata si arruola nell’esercito coloniale e parte per l’Africa. Nel 1944 viene fatto prigioniero dagli inglesi e rinchiuso nel campo di concentramento di Gaza. Riesce a farsi liberare grazie a uno straordinario castello in creta che realizza di fronte  agli ufficiali sbalorditi. Alla fine della seconda guerra mondiale tenta la fortuna in Argentina ma nel 1955 è di nuovo a Messina. Con la moglie Paola e i tre figli si installa in quartiere in forte espansione demografica: Maregrosso. Con questa toponomastica, la cultura messinese segnala il litorale bagnato dalle potenti correnti dello Stretto a sud del porto storico. Negli anni ‘50 l’area ospitava laboratori industriali e artigianali che convivevano con una trama irregolare di baracche e alloggi di fortuna  dove risiedeva, in precarie condizioni igienico sanitarie, una popolazione di operai e artigiani. Il Cavaliere (per meriti di guerra) costruì la sua nuova casa in Via Maregrosso, in contiguità con il suo laboratorio per la produzione di calchi in cemento e gesso. Il quartiere degradò ulteriormente dopo lo “sbaraccamento” del 1979. 

Il popolo che abitava le casupole costruite sui marciapiedi della via lasciò il Cavaliere in una periferia invasa dai rifiuti di ogni sorta, non illuminata, periodicamente allagata dalle fogne. Cammarata iniziò allora un’operazione di riqualificazione urbana “dal basso”, trasformando l’ingresso della casa, e il relativo marciapiede, in una sorta di Boboli irregolare decorata da bassorilievi e sculture raffiguranti divinità dell’antico Egitto, duelli omerici, Napoleone e Don Chisciotte, Stanlio e Ollio, Santi, Madonne, gnomi, dinosauri, eroi medievali, tempi e castelli. L’ingresso del “Museo Cattolico Giovanni Cammarata”, come l’aveva intitolato il suo creatore, ospitava al suo interno una sorta di “parco urbano abusivo” letteralmente stracolmo di sculture in cemento dipinto di ogni dimensione. 

Tra queste sculture, troneggiavano tre elefanti gialli in corsa, di cui due esemplari, ritrovati da Pier Paolo Zampieri e Mosè Previti,  oggi sono ospitati nella Galleria d’Arte Moderna di Messina. Cammarata, con un gesto concesso solo all’autorità e ai monarchi, rinominò anche Via Maregrosso in Via Belle Arti con l’intento di trasformare il quartiere in una meta per i turisti e, soprattutto, in un posto migliore per i bambini.

Il Cavaliere di Maregrosso in numerose interviste rilasciate alla stampa, divulgò la sua intensione di costituire una scuola d’arte per i giovani, denunciando pubblicamente l’opera di distruzione perpetrata dai ignoti alle sue opere. Di fatto, gli ultimi anni di vita di Cammarata furono travagliati da un’istanza di sgombero coatto perpetrata dal proprietario dell’area in cui egli abitava da più di 50 anni. In più occasioni si frappose fisicamente tra la ruspa e la sue opere nel tentativo di scongiurarne la distruzione.  Nel  2000 la Soprintendenza di Messina, per volontà dell’antropologo Sergio Todesco, avviò una ricognizione fotografica sull’opera dell’artista: oggi questo inventario fotografico è tra le testimonianze visive più complete della Casa di Cammarata al suo apogeo, anche se non l’unico. 

La casa del Cavaliere fu visitata da artisti, cittadini e viaggiatori dalla metà degli anni ’80 fino alla sua morte. Il tentativo di Sergio Todesco di porre un vincolo di tutela sul bene, non andò a buon fine. Nel 2007 le ruspe distrussero buona parte dell’opera di questo artista. Rimangono oggi solo i resti della casa che insistono sul pubblico marciapiede: una concrezione coloratissima di cemento e gesso protetta da un muretto e da un cancello da cui si accede alla “cappella privata” di Casa Cammarata.  Sui muri di questo ambiente interno, il commovente mosaico della Madonna della Birra Messina restituisce lo spettacolare sforzo di un uomo che ha voluto combattere il degrado con l’arte, in aperto conflitto con gli apparati istituzionali e culturali, seguendo un’utopia personale che oggi è una condivisa vulgata materia d’insegnamento nelle facoltà di tutto il mondo.

Dal 2012 Pier Paolo Zampieri e Mosè Previti, con le attività del collettivo Zonacammarata e dell’associazione Lalleru, si sono impegnati in una costante opera di ricerca e divulgazione che ha coinvolto una comunità di cittadini, studiosi e artisti internazionali. Convegni, lezioni, incontri, mostre, libri e articoli hanno contribuito alla conoscenza e alla comprensione dell’opera di questo artista. Dal 2016, grazie al anche al supporto economico del COSPECS dell’Università di Messina, Zonacammarata e Lalleru, interpretando la “Via Belle Arti” realizzato dall’artista, hanno avviato una campagna di street art in Via Maregrosso.  Sono stati realizzati quattro murales da street artisti nazionali: Collettivo fx, Poki, Kuma e il collettivo “Artisti per Caso”. L’artista RE ha lavorato alla lavoro di pulizia e consolidamento di un murale autografo di Cammarata, e lo scultore Giuseppe Raffaele ha realizzato un pescespada in ferro sul marciapiede della via. Queste iniziative programmatiche hanno fatto da apripista ad una vera e propria esplosione di street art che sta trasformando Maregrosso in un laboratorio spontaneo di questo linguaggio.